Some disordered interior geometries di francesca woodmanSenza categoria 

[Fotografi] Francesca Woodman

Some disordered interior geometries di francesca woodman

Nel 1977 Francesca Woodman (Denver, 3 aprile 1958 – New York, 19 gennaio 1981) arriva a Roma con un’amica per frequentare i corsi europei del RIDS, la scuola americana di design che frequentava a Providence.

I Canti di Maldoror di Lautreamont
“Maldoror?”, mi sono chiesta. Ho fatto una breve ricerca, ho approfondito le letture (in particolare, Isabella Pedicini – Francesca Woodman. Gli anni romani tra pelle e pellicola. Ed. Contrasto) e ho trovato che Isidore Ducasse, con lo pseudonimo di Conte di Lautréamont, nel 1869 pubblica “I Canti di Maldoror” un testo considerato precursore del movimento surrealista. È la storia inquietante di Maldoror che, apparentemente malvagio e amorale, incarna la vittoria, la rivalsa dell’immaginario sul reale.

Qui, Francesca Woodman , trova per caso una libreria nelle vie del centro storico, la Libreria Maldoror, proprio a pochi passi da Piazza Navona. Questa libreria la incuriosisce molto per i libri rari e le edizioni introvabili e proprio in uno degli scaffali, troverà alcuni quaderni di fine ottocento e di inizio novecento scritti a mano con una grafia tipica dell’epoca: elegante e precisa. Li osserva e ne sceglie alcuni, due fascicoli di Esercizi Graduati di Geometria su cui apporrà, appiccicandole, alcune sue fotografie.

Questi quaderni diventeranno un libro fotografico stampato a Philadelphia all’inizio del 1981: “Some disordered interior geometries” in cui si misurano e dialogano confrontandosi due tipi di ordine: l’ordine dei teoremi della geometria euclidea e quello fondato sui principi della geometria intima e personale dell’individuo – in questo caso l’individuo Francesca Woodman.

Le pagine del libro che ho preso ad esempio raccontano una storia ben precisa, la storia di una conversazione tra un ordine codificato e il non ordine dell’interiorità, raccontano una storia giocando sui rimandi simbolici di forme, concetti e pensieri nuovi ma allo stesso antichi e sapienti.

Nella fotografia della pagina di sinistra si può notare come all’interno di un grande quadrato bianco di stoffa vi è inserita una figura umana, Francesca Woodmana, che, attraverso un gioco di drappeggi diviene quasi lei stessa una figura geometrica: il triangolo. Vicino a lei, inserito quasi casualmente, si trova un altro drappeggio che disegna un altro triangolo. Sotto la fotografia una scritta: “Almost a square”  (quasi un quadrato), la parola quasi è una parola importante perché sottintende quell’anelare maliconico ad un equilibrio che non c’è.

Melencolia 1, di Albrecht Durer (1514)
Il “quadrato magico” è una tabella quadrata in cui vi sono disposti una serie di numeri la cui somma sia in verticale o un orizzontale, sia nelle diagonali sarà sempre la stessa.

Se guardiamo bene nella pagina a lato intitolata “Esercizi di ricapitolazione sopra i triangoli e i quadrati” si delineano le stesse figure geometriche che compaiono nella fotografia. Ma le cose interessanti su cui porre l’attenzione sono le figure del quadrato e il loro intrinseco simbolismo: il quadrato è il simbolo geometrico per eccellenza che rimanda all’orientamento dell’individuo nello spazio che appare caotico e rappresenta dunque il desiderio dell’uomo stesso di orientarsi. Questo richiama al concetto che era già espresso in maniera forte nel “quadrato magico” , impiegato simbolicamente molte volte dalla cultura rinascimentale, e che ritroviamo anche, per esempio, nella Melencolia 1, di Albrecht Dürer (1514) – incisione celebrativa del grande filosofo, medico e alchimista Paracelso (1493-1541).

In realtà si potrebbe continuare a ricercare continui rinvii a semantiche più profonde in questa immagine di Francesca Woodman e potrebbero essere molto interessanti, ma forse basta dire un’ultima cosa per concludere questo breve scritto senza annoiare oltre: benché in lei ogni immagine sia pensata, costruita e fermata nel tempo, e in virtù di questo quasi oltre il tempo, vi è una componente simbolica cercata, studiata e voluta, che rimanda ai significati originari delle figure geometriche che si legano spesso con il concetto di malinconia, sempre presente in ogni sua fotografia.

È per questo che forse io, delle sue fotografie, ne devo guardare poche alla volta: perché mi stanco felicemente.

Lettura consigliata: Isabella Pedicini. Francesca Woodman. Gli anni romani tra pelle e pellicola. Ed. Contrasto.

 Giulia Efisi.

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One Thought to “[Fotografi] Francesca Woodman”

  1. Una delle mie preferite, straordinario il suo mondo tutto da decifrare e da comprendere, straordinario il suo io.. leggerò il suo libro. Grazie per questo articolo

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