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Lusitu, un luogo dimenticato dagli uomini

Il tetto della scuola non c’è più. Di nove aule cinque sono rimaste scoperchiate dopo il violento temporale che il giorno di Natale si è abbattuto nei villaggi a sud dello Zambia.

Ognuno di noi ha un posto del cuore, legato ad un ricordo di infanzia, ad un avvenimento importante, ad un viaggio indimenticabile. Io ho lasciato un pezzetto del mio cuore a Lusitu, un villaggio rurale a sud dello Zambia, archetipo di un qualsiasi villaggio africano che noi allegri occidentali abbiamo in mente.

Capanne di fango e tetti in paglia, recinti per animali, focolai dove cucinare si trovano ancora in questo villaggio, anche se ormai i mattoni stanno sostituendo il fango e le tristi lamiere prendono il posto della paglia. Nonostante le prime avvisaglie di modernità, lì i buoi trainano ancora l’aratro, le ragazze sono costrette ad andare al pozzo per prendere l’acqua, non ci sono strade asfaltate e i giganteschi baobab offrono un riparo dalla canicola del sole.

Come ogni anno a dicembre si aspetta la pioggia per iniziare a seminare i campi sparsi attorno a Lusitu. La gente si sveglia alle tre del mattino per incamminarsi al campo e sorvegliare la semina. Se le piogge arriveranno il raccolto sarà ad aprile, ma anche qua il tempo è diventato imprevedibile. In questo posto dove l’economia è prettamente di sussistenza non avere acqua significa semplicemente rischiare di soffrire la fame….ma anche averne troppa non è un bene.

Il 25 dicembre stavo cucinando nella casa parrocchiale di don Maurizio, dove sono stata ospite per sette volte, quando un temporale tropicale si è abbattuto violentemente. Il ramo dell’albero in mezzo alla parrocchia si è spezzato, l’acqua è entrata dappertutto in casa e la cucina si è quasi allagata….Come sempre quando c’è un temporale salta la corrente e non si sa quando tornerà. Tuttavia non sapevamo che il vero danno era stato un altro: il vento forte aveva scoperchiato le aule della “secondary school”.

Le aule sono a cielo aperto. Una classe è completamente allagata e l’acqua trasuda dai muri. Le lamiere sono accartocciate e metà dei computer del laboratorio sono irrecuperabili. Questo è il triste spettacolo che ci si para davanti il giorno dopo, il tempo della conta dei danni. E qui la domanda sorge spontanea, chi riparerà la scuola? Essendo statale e non più parrocchiale il compito spetterebbe allo Stato. Quando don Maurizio si reca a parlare con il rappresentante statale la risposta è quella che ci aspettavamo: non ci sono i soldi, dovete arrangiarvi. In paesi del terzo mondo, dove la scuola e i giovani sono la prima risorsa per lo sviluppo, i soldi vengono impiegati ad uso e consumo di politici corrotti e nepotisti. Gli stessi insegnanti invece che istruire il futuro del loro Paese a volte portano i bambini a lavorare nei propri campi. Ci sono solo uno o due libri di testo per classe, i maestri si rivendono i libri per arrotondare lo stipendio. L’aspetto dell’istruzione è solo una delle tante cose che nel sistema dei Pesi africani non va, passeranno generazioni prima che qualche cambiamento vero arrivi.

Intanto i bambini sorridono, giocano all’aria aperta senza smanettare su smartphone o tablet, e la sera, prima che i cancelli della parrocchia chiudano, si mettono in fila davanti a me aspettando la loro caramella quotidiana. Per Milimo, Choho, Bimbi, Emily, Alex, Florence, Joyce…. per tutti i bambini di Lusitu non so quale futuro li attenda, in questo luogo non dimenticato da Dio ma dagli uomini.

Sabrina Ferrario

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