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[Intervista Fotografica] Laura Rebiscini

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“Un viaggio alla ricerca dell’attimo di silenzio, il più prezioso, l’attimo che precede la creazione. Con la natura intorno, pronti ad ascoltare, tra cascate e piantagioni di tè, con gli occhi pieni della maestosità dei templi ed incuriositi dal fascino degli elefanti. L’attimo in cui l’archetto del Maestro Rossi si poserà sulla viola e s’accorderà con i suoni della natura, l’attimo in cui il fotografo Antonio Manta spingerà il dito sul pulsante di scatto per fermare il tempo. Fusione delle arti, fusione dell’arte con la natura, per un viaggio sulle tracce della meraviglia. Per chi ha voglia di migrare verso l’oltre, verso le mete visibili e invisibili.”

Linda Ansalone

 

La fotografa Laura Rebiscini, intervistata dalla giornalista Linda Ansalone, durante il magico viaggio fotografico-musicale in Sri Lanka con Reporter Live:

 

La visione del mondo che vuoi trasmettere? Come indaghi il mondo?

Una risposta precisa non so dartela, probabilmente perché non riesco ancora a trovare un unico senso nel singolo scatto, quindi spesso utilizzo la sovrapposizione di immagini. Questo forse perché non ho una visione univoca del mondo.

 

Cosa cercano in particolare i tuoi occhi?

La spinta è sempre emotiva, questo spiega anche l’uso della doppia immagine, o perché da sola non basta a rendere in toto la mia emozione o perché per assurdo, la rende talmente tanto bene, che necessito di altri dettagli per arricchirla.

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Come si guarda per fare una foto?

Con i sentimenti, gli stati d’animo.

 

Mentre fotografi sai sempre quello che vuoi?

No, quasi mai.  L’immagine che hai davanti è fuorviata dal tuo stato d’animo del momento, che a volte è sconosciuto anche a te stesso.

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Quello che trovi alla fine in foto è sempre quello che pensavi di trovare?

No, forse perché sono ancora principiante e devo allenare l’occhio all’immagine, in modo da riuscire a  pre-visualizzare lo scatto finale.

 

Immagini la vita delle persone che fotografi?

Sì, non solo l’immagino ma m’immedesimo anche in molti casi. Per esempio giorni fa avrei voluto fotografare dei pescatori ed ho immaginato il loro sforzo fisico mentre tiravano tutti insieme la rete piena di pesci. Risultato? Alla fine non sono riuscita più a fotografarli.

 

Hai mai pensato di rubare loro qualcosa? Di aver preso più ciò che ti era stato concesso?

No, perché sono di più le volte che evito di fotografare se non sono convinta che le volte che mi spingo oltre. Per me la fotografia rappresenta un insieme di ricordi, un grande bagaglio da poter riversare su scatti futuri, immagazzinando informazioni che mi ritorneranno utili a tempo debito.

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Pianifichi una foto o nasce da sé? È più importante per te comunicare il percorso che ti porta al risultato o il tuo lavoro finale?

Se devo produrre un lavoro mio personale, una mostra per esempio, per prima cosa mi pongo come obiettivo che il risultato finale piaccia a me, non perché non mi interessi il giudizio degli altri, ma perché credo che sia fondamentale fotografare prima di tutto per se stessi, per tirare fuori quello che si ha dentro sia a livello emotivo che culturale..  Se invece si tratta di un progetto comune cerco di attenermi alle linee generali.

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Esiste un’etica nelle tue foto? Esiste qualcosa che ti rifiuti di fotografare?

Si, tutto ciò che non mi piace, che mi spaventa, che reputo come un ostacolo, un momento brutto o le condizioni forti, in generale.

 

Applichi la sintesi in ogni singolo scatto?

Amo la sovrapposizione che credo sia proprio l’antitesi della sintesi.

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Vivi “l’urgenza” in fotografia? Una sorta di fame fotografica.

No assolutamente, c’è il momento della fotografia, che spesso mi viene a cercare da solo, ma ci sono anche molti altri momenti in cui non fotografo.

 

Esiste la realtà nella fotografia? O la fotografia è sempre una copia della realtà?

È la realtà del fotografo che di sicuro non è oggettiva. Ciò che vivo io, ovviamente non è ciò che vivi tu, è reale solo rispetto alla mia di realtà.

 

Quale parte del mondo vedi quando fotografi e quale cerchi di cancellare?

Amo molto “la terra” intesa proprio come visione del suolo, probabilmente perché la terra viene sempre calpestata. Fotografandola, in un certo senso credo di offrire una sorta di rivalsa. Invece sicuramente vorrei cancellare i pali della luce.

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Avresti una definizione per te, che ti rappresenti come fotografa?

Non mi definisco fotografa, forse mi definirei una paziente, per me la fotografia è la mia seduta d’analisi.

 

A cosa hai pensato oggi durante l’esibizione di Danilo?

Conosco Danilo da più di 10 anni e l’ho visto esibirsi molte volte, forse potrei affermare di conoscere tutto il suo repertorio, ma l’esperienza di oggi è stata quasi scioccante. Non immagini infatti, di poter portare la sua arte e la sua musica in questi luoghi, ammiro la generosità di Danilo, non è una cosa da tutti. Insomma scendere dal palco, dal Tempio Sacro della musica e suonare qui, in un posto così lontano dai luoghi a cui lui è abituato.

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Quale è il luogo dello Sri Lanka che avevi immaginato di fotografare ed ancora non hai visto?

Il monastero, ne ho sentito parlare ed ho visto le foto, è stato il primo luogo che ho associato per una eventuale esibizione di Danilo. Il mare non l’aspettavo invece e mi ha affascinato molto.

 

Il ricordo più bello di questo viaggio?

Il ricordo più bello di questo viaggio non appartiene ad un unico istante ma all’intera esperienza in Sri Lanka. Il gruppo di persone che mi ha accompagnato, la musica, le parole, i colori della terra, gli occhi e i sorrisi delle persone, l’acqua. Se dovessi risponderti raccontandoti un solo ricordo non ci riuscirei, forse perché i ricordi per me sono come le mie fotografie che hanno bisogno della sovrapposizione di più immagini. Del resto un ricordo per essere importante ha bisogno di legarsi a più emozioni e a più immagini. L’unica cosa che posso dire è che la sera della partenza, eravamo “tutti pieni di tutto”, avevamo imparato a conoscerci soprattutto grazie alle esperienze fatte insieme, eravamo più ricchi grazie ai doni colti da quella straordinaria terra. E quel misto di malinconia e gioia credo ci abbia fatto sentire per un attimo un tutt’uno,  sia tra noi che con quel mondo.

 

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