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Gorilla nella Nebbia

Cara Dian,

ce l’ho fatta! Dopo diverso tempo sono giunta anche io ai piedi dei Monti Virunga, dove tu hai studiato per circa vent’anni dei primati straordinari. Lavoravi sul versante Ruandese di questi Vulcani sempre coperti da una cortina di nubi, mentre io giungo qui dalla parte Ugandese, dalla cittadina di Karisoke che anche tu citi nel tuo libro “Gorilla nella Nebbia”. L’ho letto tutto di un fiato prima di partire, sempre più incuriosita dall’esperienza dell’incontro con i gorilla di montagna che vivono solo su questi Monti.

Non ho buone notizie Dian, il disboscamento massiccio da parte della popolazione locale continua. Gli alberi sulle pendici delle montagne vengono bruciati per lasciare posto a campi da coltivare e l’habitat dei tuoi amati gorilla sta scomparendo. Oggi sopravvivono solo 700 esemplari di questa specie ed il rischio di estinzione rimane ancora molto alto. Hai descritto come indimenticabile il primo incontro con i gorilla, quando eri solo una viaggiatrice come me, e credo di aver capito il perché.

 

Stamattina mi sono svegliata dopo aver sognato l’esperienza che ci accingevamo a fare. Siamo partiti dal lodge in direzione del Mgaingha National Park, un’area solo recentemente aperta al trekking con i gorilla. Il sorriso sulle mie labbra non mi abbandonava, assieme a quell’ansia mista ad agitazione quando devi fare qualcosa che aspetti da tanto tempo e finalmente sta per compiersi. Non ero sicura di cosa mi aspettasse, le guide riportavano la possibilità di fare anche 4 ore di cammino prima di raggiungere un gruppo di primati. Al campo base eravamo in 8, il numero massimo di persone che sono ammesse per questa escursione.

Guidati dalla ranger Judit e accompagnati dai due portatori iniziamo ad incamminarci sul sentiero di montagna ed eccoli, lì davanti a noi, 3 dei vulcani Virunga avvolti nella nebbia: Muhavura, Gahinga e Sabinyo.  Solo dopo un quarto d’ora Judit ci avvisa che siamo vicini alla famiglia di gorilla “Nyakagezi”. Iniziamo ad arrampicarci sui pendici della montagna, abbandonando il sentiero e passando tra ortiche che mi urticano la pelle anche attraverso i pantaloni quando, ad un certo punto, eccola la, una macchia scura tra gli alberi.

Ci avviciniamo e la macchia si tinge di argento: abbiamo davanti a noi un silverback, un maschio adulto capobranco col caratteristico pelo argenteo sul dorso. Non curante della nostra presenza Marcus, questo il suo nome,  continua ad ingurgitare le foglie di una pianta. Io non ho il coraggio di guardarlo bene, la sua mastodontica mole mi incute timore. Quando mi passa accanto la prima volta mi pietrifico, ma basta poco per comprendere la loro tenerezza e animo dolce. Troppo spesso associati ad animali feroci e spietati per colpa della filmografia moderna, i gorilla sono in realtà animali schivi, come racconti nel tuo libro Dian. Il piccolino che ci compare davanti all’improvviso ci da le spalle, si dimostra timido nei nostri confronti. Corre da un secondo silverback del branco, che io deduco fosse suo padre, e ci regala uno spettacolo straordinario. Si muovono piroettando e girando sugli arti anteriori fino a che il “gorillino” fa il gesto che tutti noi cresciuti con Tarzan conosciamo: batte le mani sul petto! Un rumore simile al suono di noci di cocco picchiettate si libera nell’aria, accompagnati dalle nostre risa. Solo a quel punto una femmina del branco ci permette di fotografare il suo piccolo, lo tiene tra le braccia come un bimbo fino a che non decide di arrampicarsi con lui su delle canne di bambù. Marcus la guada dal basso con le braccia conserte come per dire “vediamo un po’ fino a dove riesce ad arrivare”. Questo gorilla mi ricorda il tuo Digit, il silverback che fu ucciso barbaricamente dai bracconieri per rubare il suo cucciolo da vendere al miglior offerente.  Se pur diminuito il bracconaggio non si è arrestato Dian, i ranger hanno molto da lavorare per salvaguardare questi straordinari primati. Dopo un’ora con loro è venuto il momento di congedarsi e lasciare il gruppo con i ranger che li monitorano per 12 ore al giorno. Non possiamo toccarli ma viene solo voglia di abbracciarli e salutarli come si farebbe tra amici.

Dian tu non volevi che orde di turisti armati di macchine fotografiche invadesse i Monti Virunga e disturbasse i nostri amati gorilla. Oggi credo però che questo sia l’unico modo per proteggerli. Parte del ricavato del costoso “Gorilla Permit” viene donato ai villaggi e ci sono programmi creati apposta per bilanciare le esigenze della popolazione con quello degli animali. Un turismo responsabile è indispensabile per evitare l’estinzione della specie, gli introiti possono essere destinati per salvare l’habitat dei gorilla dal disboscamento e istituendo diverse pattuglie anti bracconaggio.

Tu hai dato la tua vita per questi animali, noi non possiamo far altro che andare a trovarli per non vanificare il tuo straordinario lavoro.

 

Dian Fossey, nata a San Francisco nel 1932, tra i primatologi è stata la prima a dedicare interamente i propri studi al gorilla di montagna, una specie minacciata di estinzione e presente solo sui Monti Virunga.

Il suo lavoro che si è protratto per lunghi anni si è incentrato sulla biologia e l’etologia della specie, apportando alla scienza numerosi dati fondamentali per preservare il gorilla di montagna dall’estinzione.

Dopo la sua tragica scomparsa è stato fondato il “Dian Fossey Gorilla Found International”, che ha lo scopo di trovare i fondi da destinare alla salvaguardia di questa specie. Alla sua vita è dedicato il film “Gorilla nella Nebbia” del 1988, intrepretato da Sigourney Weaver, e il documentario del National Geographic del 1998. (Dian Fossey, Gorilla nella Nebbia, apice libri)

Sabrina Ferrario

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