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Attraverso l’Asia: dal Tibet alla Birmania

In questo post della serie #Amarcord il reporter Alfredo ci racconta due sensazionali avventure vissute con i compagni di viaggio in Asia: la prima nel percorso tra Lhasa e Kathmandu nel 2004, la seconda in Birmania nel 2005. Il brivido dell’imprevisto e la sottile ironia di Alfredo fanno da collante ad un post da… Rileggere!

 

Schincaglia in Nepal

 

“È scoppiata la guella in Toscana.”

Quando al confine tra il Tibet e il Nepal l’accompagnatrice governativa cinese ci dette nel suo incerto italiano, logicamente senza le erre, questa informazione ufficiale: pensammo che avessero scoperto le armi di distruzioni di massa sotto la torre di Pisa, causa quindi della sua famosa pendenza.

La simpatica cinesina aveva semplicemente confuso la parola custom – dogana – con Toscana, identificando la dogana con la frontiera.

I ribelli maoisti del Nepal avevano bloccato la regione di confine e pertanto era impossibile raggiungere Kathmandu. Come diceva Rino Gaetano nella sua canzone Ahi Maria:  “il Tibet sta molto in alto e non c’è l’ascensore”, ma noi da qualche parte dovevamo scendere.

Dopo qualche giorno di ansia, trattative e richieste di informazioni anche alle ambasciate (con quella italiana siamo riusciti ad interloquire con una segreteria telefonica che, con grande gentilezza, ci consigliava di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico) riuscimmo finalmente a trovare un elicottero per… Scavalcare il problema.

 

Alfredo Schincaglia in elicottero in Nepal

 

Svolazzare lungo valli e foreste su un elicottero sovraccarico fino all’inverosimile faceva molto Vietnam, e per un attimo eravamo tutti in Apocalypse Now alla ricerca del Colonnello Kurtz. Mancava solo il classico grande fiume, la via ideale per penetrare in territori sconosciuti e misteriosi (che è poi il desiderio inconscio di tutti i turisti, anche di quelli a pensione completa).
 
 
 
Risalire un fiume nel nord-ovest della Birmania è stato il nostro piccolo tentativo di provare quelle sensazioni.

Siamo partiti da Sittwe, la città affacciata sul golfo del Bengala: prima navigando nell’immenso estuario del fiume Kaladan, tra isole e villaggi di palafitte, poi al calar delle tenebre , abbiamo proseguito in un labirinto di fiumi e canali e finalmente, dopo una collisione a causa del buio pesto con un barcone pieno di banane, siamo arrivati alla mitica Mrauk U.

A Mrauk U la sistemazione non è un problema, ci sono due alberghi e ogni tanto anche la corrente.

Facevamo tutti finta di non essere preoccupati dal fatto che da lì in poi non esisteva nessuna informazione né geografica né tanto meno turistica del territorio e dall’impossibilità di sapere la nostra “sistemazione alberghiera”. Non sapevamo neanche il nome del villaggio che ci avrebbe ospitato perché, come ci disse poi la guida, nella giungla i villaggi non hanno il nome tanto non serve a niente.

Ed invece è stata un’esperienza indescrivibile.

Dopo un altro giorno di navigazione siamo arrivati al villaggio senza nome nel cuore della giungla. Per ospitarci gli abitanti del villaggio avevano costruito delle meravigliose capanne di bambù sull’ansa del fiume dove si godeva un panorama splendido.

 

Un albergo fatto di bambu in birmania

 

Abbiamo visitato villaggi abbracciati da una natura selvaggia e affascinante; la gente con una vita tribale primitiva e fuori dal tempo ci ha dato la sensazione di lontananza, non solo fisica, dal resto del mondo.

Di giorno tantissimi bambini, quelli più piccoli in braccio a quelli più grandi, come a proteggerli, oppure in braccio a donne senza età, difficile capire se era la sorella , la mamma o lanonna, e di notte senza una luce solo tantissime stelle.

Il contatto con gli abitanti è stato semplice e spontaneo, anche se per rompere la naturale diffidenza e per ingraziarsi della loro ospitalità i nostri accompagnatori usavano donare confezioni di paracetamolo ai vari capovillaggi. Le medicine sono la cosa al mondo di cui hanno più bisogno.

In questa zona le donne più anziane hanno quasi tutte il volto completamente tatuato da segni geometrici per un’antica tradizione legata alla necessità di evitare il rapimento delle ragazze più belle.

 

donna birmana tatuata

 

Con quei disegni, rendendole forse meno attraenti o comunque identificabili, gli garantivano la possibilità di continuare a vivere nel proprio villaggio.

Quando siamo ripartiti in barca, con la gente del villaggio che continuava a salutarci dall’argine del fiume, ci sembrava di assistere ad una scena costruita per un film, ed invece era tutto vero.

 

Post Scriptum
Quando siamo arrivati a Yangon abbiamo consegnato segretamente (la legge birmana vieta queste donazioni) 850 dollari ad un prete cattolico birmano che avevamo conosciuto alcuni anni prima.

Alla fine del nostro viaggio , dopo una mattinata di shopping sfrenato al mercato della capitale, il nostro gruppo aveva in totale 16 valige, contro le 9 che aveva all’arrivo. Si, 7 valige in più di cose birmane. Sicuramente quel giorno il PIL della Birmania ha avuto un picco di crescita notevole. Sono due aspetti diversi di turismo solidale.

[Alfredo Schincaglia, 2005]

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2 Thoughts to “Attraverso l’Asia: dal Tibet alla Birmania”

  1. bellissimo racconto….bravo come sempre!!!!

  2. Che storie avvincenti! Complimenti Alfredo, davvero un bel post e… Davvero due belle avventure. Non vedo l'ora di leggerne altre 🙂

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