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Luce – #srilarca2014



Luce.
Ieri.

C’erano fiori sull’acacia e aria sulla spiaggia. Un tronco levigato da chissà quante carezze dei mari del sud, raccontava ai passanti storie di bucanieri abbronzati e di innamorati perduti. Di doganieri della droga avvantaggiati e di militari frustrati da una guerra civile finita, ma mai sopita. Quel tronco sussurrava parole di sale su pescatori pieni di cicatrici sulle mani, con barche arrugginite al largo e di turisti solitari alla ricerca del profilo sinuoso di delfini felici. C’era vento sul palmeto. I capelli dei ragazzi si alzavano e disegnavano sulla tela del cielo velato scarabocchi sorridenti, forse, per qualcuno, storie colorate di bambini felici. Già, ieri. Già, i ragazzi. Con la loro folle gioventù nelle vene e negli sguardi, ed un mare tutto da attraversare.

Ph: Agnese di Giusto
Ph: Agnese di Giusto

Luce.
Trent’anni fa.

Il riflesso sulla sabbia di Fiascherino m’illuminava gli occhi. Avevo le guance grassocce e un grosso cesto di capelli scuri. Lui mi guardava con curiosità e disteso sulla sabbia di fine agosto sfregava il suo naso sul mio volto. Sono i primi ricordi della mia esistenza. Mare, sabbia, un ombrellone perduto in una spiaggia libera, un tramonto rosso, qualche ombra che si allunga nella solitudine, il babbo. Il babbo che mi abbraccia e che ride, i suoi baffi nerissimi, il suo sorriso bianco. I suoi capelloni che ricadono sugli occhi.

Ph: Agnese di Giusto
Ph: Agnese di Giusto

Luce.
Cinque anni e mezzo fa.

È la fine di marzo, il freddo è ancora pungente nell’aria nonostante il debutto amaro della primavera. La flebo sputa gocce al rallentatore nelle sue vene. Il lenzuolo si alza e si abbassa, il respiro prima si fa forte, poi più leggero. Silenzio. Nella camera accanto c’è uno che si lamenta, la luce filtra a malapena da una tapparella, l’infermiera discreta a passo rapido fa tre passi nella stanza, lo osserva e poi se ne va.
Sta morendo. Mentre lo guardo, ripenso al primo ricordo della mia vita. A quell’abbraccio intenso, a quei baffi che mi bucavano le guancine, a quel giorno, in quella spiaggia, dopo quel tramonto, fra quelle ombre, al suo amore ed a quello di mia mamma.

Ph: Agnese di Giusto
Ph: Agnese di Giusto

Luce.
Ora.

C’è un gruppo di ragazzi che salvo qualche rara eccezione non si era mai conosciuto prima di dieci giorni fa, c’è un palmeto, c’è una spiaggia scura, un mare di notte e qualche luce accesa che brilla da lontano. Lampara di pescatori che hanno da tornare. Il viaggio, questo viaggio, finisce domani. L’aereo nel suo volo rimetterà il tempo al suo posto e la notte tornerà notte ed il giorno giorno. Ho scritto tanto in questi giorni, ho ripettinato parecchi pensieri, ho riaggiustato alcuni cassetti in disordine, ma ho fortemente e intensamente creduto in voi, fin dal primo momento. E sono fiero, profondamente fiero, dopo dieci giorni, di averlo fatto. Anche se forse ve ne fregherà il giusto, ho voluto regalarvi il primo ricordo della mia esistenza per vivere più intensamente insieme a voi l’ultimo. Cioè questo. Quello che stiamo costruendo ora insieme.

Ph: Agnese di Giusto
Ph: Agnese di Giusto

Non so se ci rivedremo mai più, ma spero maledettamente di rincontrarvi e di rincrociarvi tutti ad ottobre, quando ci raduneremo per ricordarci di questo viaggio e di questa parentesi di vita che abbiamo scritto insieme. Ci tengo però a chiedervi di non cambiare mai. La vita è mare e il mare un giorno è piatto e quello successivo è tempesta. Voi siate dei buoni marinai, studiate bene il cielo, ascoltate la voce dei venti, e il dolce declinare dei gabbiani. Sappiate cavalcare l’onda, interpretatene i disegni, affrontate lo sciacallo della mareggiata sempre e comunque con il sorriso e la testa alta. Non vi fate sopraffare da nessuno, soprattutto dall’odio e dal dolore.

Non cancellate la brillantezza della vostra gioventù, perché in essa sta il senso folle dell’esistenza: chi resta giovane, resta libero. Indipendentemente da quanti conti vi presenterà la vita. Se saranno tanti, avrete più motivi per andare fieri della vostra forza, forgiata dal sale e dal sole.

Ph: Agnese di Giusto
Ph: Agnese di Giusto

Ricordate? Seguite le orme… Il nostro viaggio finisce qua, in questa notte illuminata di e da voi. Ma la vita comincia domani perché ogni fine è un nuovo inizio.

Però non dimenticate mai questa pagina scritta insieme. Non abbandonate alla polvere della memoria il ragazzo che non ha ancora mai visto la neve, non lasciate mai solo il ricordo dell’autista, di sua moglie, delle mentos, dei templi, dei venti, di queste valli sterminate, di questi cieli velati, di quel pullman che correva tra i tornanti, delle galline pellegrine, dell’esempio di Nissanka, della tenerezza intelligente di Roberto, di certi quotidiani illeggibili usati come strumenti di battaglia.

Ph: Agnese di Giusto
Ph: Agnese di Giusto

Non dimenticatevi mai reciprocamente, anche se da domani non vi scriverete più. Ricordare qualcuno, è come rincontrarlo. Vi servirà forse quando il mare si farà lupo ed il vento un po’ iena.

Sapete, con me il tempo ha fatto giochi strani, negli ultimi anni prima mi ha catapultato a sessanta, poi a trenta, poi di nuovo a sessanta. Con voi ho rivissuto la freschezza dei miei vent’anni, spariti dietro un angolo quattordici estati fa come un vecchio ciclista in salita, e mai più rivisti da allora.

È stato bellissimo ritrovarli grazie ai vostri occhi.

Ph: Agnese di Giusto
Ph: Agnese di Giusto

Non so come e quando ci rincontreremo, ma se vorrete, in qualsiasi momento, perduto in un pezzo di terra di Toscana, mi troverete. Vi basterà solo cercare le mie orme.

“Due strade trovai nel bosco, presi la meno battuta” scrisse il poeta.

Vi prego, abbiate il coraggio anche voi per farlo sempre.

Buon viaggio ragazzi, che Dio, il grande Dio che ha voluto la bellezza dei vostri sguardi in giro per questa grande terra, sia con voi.

Vi voglio bene.
Luce.

Filippo Boni

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