Africa Notizie da: Reportage 

Aspettando la rivincita dello Nyaminyami

“Il dio Nyaminyami dal corpo di serpente e dalla testa di pesce regnava nelle acque della Valle del fiume Zambesi. Un giorno la sua sposa si recò a far visita in un villaggio a fondo della gola ma non riuscì a fare più ritorno, una grossa diga era stata costruita, costringendo i due amati a vivere separati per sempre”

“Aspettando la rivincita dello Nyaminyami” Reportage di Sabrina Ferrario.

Bimbi,una bambina Tonga

Esiste in Zambia una terra rossa, arida e secca che si accende di verde solamente quando il cielo si degna di far scendere qualche goccia di pioggia, dove vive parte della popolazione dei Tonga. Etnia di coltivatori, nella sua storia riecheggia un triste passato fatto di separazione e deportazione. Questo grazie all’uomo bianco che ha sempre pensato che l’Africa fosse sua e che potesse gestire a proprio piacimento una terra sconfinata abitata da popoli da sempre considerati inferiori. Per creare gli Stati attuali dello Zambia e dello Zimbabwe, un tempo Rhodesia del Nord e Rhodesia del Sud, venne scelto il fiume Zambesi come confine naturale ed il “Tongaland” si ritrovò diviso in due parti, separato in due Stati. Purtroppo per questo popolo le cose andarono pure peggio nel 1959, quando venne costruita ad opera di un’impresa italiana la diga di Kariba che portò alla formazione dell’omonimo lago. Gli abitanti della valle del fiume Zambesi, chiamati “Basilwilzi”  – popolo del grande fiume – furono deportati con la forza e ricollocati in luoghi spesso inospitali. La deportazione di 57.000 persone non avvenne in maniera pacifica, gli uomini trattati come bestie erano stipati a centinaia sui camion e trascinati via con la forza; non si esitò nemmeno a sparare a chi non voleva abbandonare le proprie terre.

Fiume Zambesi

Lago di Kariba, lato Zimbabwe

L’allegro Occidentale conosce l’Africa dei safari e delle tribù, armato di macchina fotografica va alla ricerca dello scatto migliore. Apprende tutto sul grave problema dell’avorio e l’estinzione degli animali ma non conosce quasi nulla sulla storia dei popoli che abitano questo continente. Anzi, quello che chiede è di andare a scattare foto a etnie “autentiche”, incontaminate dal nostro mondo, per poi andarsene via dopo poche ore lasciando una maglietta o una penna contribuendo egli stesso a contaminare quel villaggio. Il nostro egoismo da abitanti del primo mondo ci porta a non volere lo sviluppo delle popolazioni terzomondiste e al tempo stesso contribuiamo ad accrescere in loro il desiderio di evoluzione alla “maniera occidentale”.

Villaggio di Lusitu, Zambia

Come noi nei secoli passati abbiamo ricercato lo sviluppo è giusto che anche i popoli africani guardino al futuro. Il problema sta nel passare in alcuni casi dall’età della pietra all’era del 2.0, cercando di adattare la propria cultura all’epoca moderna, senza perderla. Questa è una grande sfida del XXI secolo e se cercate le risposte nelle righe successive di quest’articolo, vi dico già che non la troverete…la sfida è in atto e ai posteri l’ardua sentenza.

Conosciamo bene i mali che affliggono il continente africano: aids, sanità precaria, difficile accesso all’istruzione, dittatori senza scrupoli che governano gli Stati come se fossero una loro proprietà, corruzione diffusa, mancanza di infrastrutture,…Forse però una delle prime cause di freno allo sviluppo sta nella mentalità della gente e nel loro credere nella magia e del culto degli antenati. Un modo di pensare lontano anni luce dal nostro, infatti, spesso ci viene detto “tu bianco non puoi capire”.

Diga di Kariba

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In Zambia e in molti Stati africani ci sono diversissimi credi religiosi che convivono pacificamente, forse perché fondamentalmente tutte le persone sono animiste e credono nel culto degli antenati. Questo mondo invisibile genera nella popolazione paure che frenano lo sviluppo. Un morto non muore mai per cause naturali, è sempre qualcuno che ha gettato una “fattura” su quella persona o su quella famiglia. Una mucca non si ammala mai per caso, uno stregone o un nemico del proprietario ha voluto questo. Se viene identificato chi ha gettato il malocchio questi sarà costretto a risarcire la famiglia oppure ad abbandonare il proprio villaggio. Gli stregoni vantano di avere pozioni magiche per guarire dall’aids e dalla malaria, estorcendo moltissimo denaro alla povera gente che intanto muore non avendo le cure adeguate.

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Un altro freno all’evoluzione dei popoli africani lo si identifica nella “cultura dell’elemosina”, creata sempre da noi occidentali nel passato dando aiuti incondizionati, probabilmente per ripulirsi dalla macchia del colonialismo e dello sfruttamento. In questo modo però l’africano ha imparato a sedersi ad aspettare che l’aiuto venga dall’esterno, senza rimboccarsi le maniche e mettersi lui per primo a lavorare per il cambiamento della propria condizione.

Ho avuto il piacere di vivere alcune settimane in un villaggio tra discendenti dei Tonga che furono deportati dalla zona di Kariba, ospite di alcuni preti missionari. Nelle diverse volte che ho soggiornato nel villaggio di Lusitu ho notato che le capanne di fango sono divenute capanne di mattoni, adattandosi al fatto che il nomadismo stia scomparendo. I più ricchi riescono a comprarsi addirittura una macchina, anche se le strade del villaggio non sono asfaltate, e i giovani sono sempre alla ricerca dell’ultimo cellulare o di un computer. Loro vedono nelle cose che noi possediamo la felicità, fanno fatica a comprendere che l’occidente è un mondo ricco ma anche pieno di gente stressata, depressa e infelice. Quello che loro credono benessere in realtà è frutto di quello che noi occidentali gli abbiamo fatto intendere sia indispensabile per vivere bene. In ogni caso è giusto che anche loro abbiano la possibilità di accedere allo sviluppo, guardando al futuro senza smarrire però le tracce del loro passato. Quando durante le messe vedo le bambine ballare a suon di tamburi e animare la funzione religiosa, riempiendo di gioia tutti i presenti che cantano come se fossero ad un concerto, io lì vedo il loro passato adattato al presente.

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Passerano generazioni perché l’Africa possa risollevarsi e i suoi Paesi rientrare nelle file del primo mondo, quando lo Nyaminyami, lo spirito del fiume Zambesi,  potrà sfondare la diga e ricongiungersi alla sua sposa, cioè quando i popoli che abitano queste terre potranno essere artefici del loro destino e non aspettare che altri decidano per loro. Nel frattempo noi allegri occidentali non dobbiamo andare in Africa cercando le tribù del passato ma con la voglia di vedere la loro evoluzione verso il futuro.

Lago di Kariba, lato Zambia

 

Sabrina Ferrario

“La verità è che la maggior parte di noi non gioisce né si vergogna di quel che accade in Africa: semplicemente se ne frega” – Cit. Sergio Ramazzotti, Afrozapping

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